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Il miraggio della libertà

Il miraggio della Libertà è il racconto di una famiglia che attraversa la Storia, dal fragore della guerra alle luci del boom economico.
Sulle colline dei Lessini, Zeno ed Evelina vedono crescere i loro figli tra sogni, sacrifici e segreti, mentre l’Italia vive il dramma del conflitto e l’ombra dell’oppressione. C’è chi parte soldato, chi sceglie la Resistenza, chi sopravvive per custodire la memoria.
In mezzo alle macerie, l’amore nasce come forza inattesa e vitale, e la libertà rimane il miraggio che spinge a resistere, a sperare, a ricominciare.
Solo la nuova generazione, infine, potrà raccogliere l’eredità di chi ha lottato e immaginare un futuro diverso, in un Paese che si riscopre libero e democratico.
Una vita spesa per gli ultimi
Il racconto rievoca la vita, l’impegno fisico, intellettuale e spirituale, di P. Cesare Pegoraro, un missionario comboniano che si è dedicato all’evangelizzazione, allo sviluppo sociale e culturale di alcuni popoli poverissimi del Togo e del Benin, insediati in aree prive dei servizi essenziali, come l’acqua corrente, l’energia elettrica, le scuole, le strade, ecc.. Ha vissuto per cinquant’anni a fianco di loro, comunicando principalmente nelle lingue locali, fon, ewè, minà, educando i più giovani e occupandosi dei meno fortunati. Mediante la collaborazione delle autorità politiche e religiose dei luoghi di missione egli ha realizzato scuole, pozzi e cisterne per l’acqua, chiese e case per il clero, ha dispensato medicine e curato gli ammalati, ottenendo gli aiuti necessari da rappresentanze e organizzazioni internazionali e da donatori volontari. La sua opera rappresenta un esempio imperituro di carità cristiana, di dedizione e amore verso le popolazioni neglette della terra d’Africa, sulle orme del fondatore della sua Congregazione, San Daniele Comboni, il Vescovo veronese che ha dedicato tutte le sue energie alla diffusione del Vangelo e a lenire le sofferenze, le malattie e la povertà degli abitanti in quel continente.
Europa e Balcani Occidentali

Nel corso dei secoli, la regione dei Balcani occidentali è stata il crocevia di popoli che hanno creato un mosaico unico di etnie, culture e tradizioni. Nel Novecento, in quest’area si sono sviluppati i più sanguinosi conflitti: la Prima guerra mondiale, l’occupazione delle forze nazifasciste, la Resistenza di Tito, gli scontri etnici degli anni ’90. Tito è riuscito a tenere insieme le diverse nazionalità, con il suo carisma e con una forte politica accentratrice, ma alla sua morte sono emerse tutte le contraddizioni a lungo placate.
Neppure la politica di Milosevic, volta a creare una grande Serbia per far convivere in un unico Stato i popoli slavi, ha avuto successo. Anzi questa ideologia, sostenuta da il lustri intellettuali e dalla Chiesa ortodossa, ha scatenato le rivendicazioni degli albanesi nella provincia del Kossovo e nella vicina Macedonia. La diplomazia internazionale, le risoluzioni dell’ONU, gli interventi civili e militari dell’Europa e della NATO hanno momentaneamente posto fine alla pulizia etnica e ai numerosi scontri tra le diverse popolazioni. A seguito di tali provvedimenti sono stati avviati i processi per l’integrazione delle nuove Repubbliche dei Balcani occidentali nella Ue e nella NATO, anche per riaffermare il legame occidentale con questa regione, ove altri Paesi extra europei si stanno inserendo alla conquista di nuovi mercati e per assumere un maggior ruolo politico e militare. Qual è il futuro per questi Paesi? L’aiuto dell’Occidente resta imprescindibile per risolvere le principali questioni irrisolte, quali: il funzionamento e l’unificazione delle istituzioni in Bosnia Erzegovina, le relazioni tra la Serbia e il Kossovo, la stabilizzazione politica in Albania, il superamento delle divergenze etniche in Macedonia, l’attuazione dei percorsi per l’integrazione euroatlantica.


